Forza Juve!
(consiglio la lettura dei post precedenti)
Purtroppo, dopo un periodo di scopate sfrenate, arrivò il nuovo trasferimento di Maurizio. Diversi mesi prima, suo padre aveva chiuso l’attività e si era trasferito e ora toccava a lui.
Così, per chiudere in bellezza, organizzammo un ultimo incontro.
Quando arrivai, credo fosse poco dopo cena. Come sempre, scesa dall’auto, feci l’ultimo tratto attraversando il parcheggio e percorrendo poco meno di 500 metri di marciapiede. Ormai ero abituata a muovermi en femme e non mi facevo più troppi pensieri; negli ultimi mesi, incrociando altre persone lungo la strada, avevo capito che il mio abbigliamento poteva procurarmi, nel peggiore dei casi, qualche commento sboccato o, più semplicemente, uno sguardo di biasimo. Sicuramente quella sera, le calze a rete, i sandali sexy coi tacchi a spillo, la gonna rossa e la camicetta semi-trasparente avrebbero dato ai passanti un’occasione d’oro per giudicare la mia troiaggine. Ma non successe e, se fosse successo, me ne sarei solo compiaciuta.
Saltellai sugli ultimi gradini tra il marciapiede e il vialetto che portava all’ingresso.
Nel frattempo i ragazzi mi stavano già aspettando.
Quando entrai stavano guardando una partita di calcio in TV. Notai subito uno strano risolino di Paolo. Di fronte alla mia perplessità, non se lo fece dire due volte e, sghignazzando, spifferò che Mauri aveva assunto del viagra.
Lo guardai un po’ stupita: mi sembrava strano che ne avesse fatto uso visto che non avevo mai osservato problemi di erezione; anzi, il suo cazzo era stato sempre piuttosto vispo.
Ad ogni modo, la patta gonfia si notava, eccome. Così, incuriosita, gli feci segno e lui tirò fuori l’arnese dai pantaloni. Poi, un po’ imbarazzato, cominciò a spiegare che l’aveva fatto per perdere un po’ di sensibilità così da poter durare di più (e sapevamo tutti che la durata era il suo tallone d’Achille); quindi, nel primo pomeriggio si era fatto una sega e, prima di presentarsi all’appuntamento, aveva preso la pastiglietta. Mentre ascoltavo il suo discorso, mi accomodai di fianco a lui e iniziai a palparglielo; glielo accarezzai e gli toccai la cappella con l’interesse che si riserva ad un fenomeno eccezionale. Sicuramente era molto duro.
Sebbene il movimento della la mia mano lo distraesse, continuò a spiegare: durando di più, avrebbe potuto farmi godere ad oltranza, così da ripagarmi di tutte le scopate che gli avevo concesso. “Che dolce!” pensai.
Purtroppo, arrivò una telefonata ad interromperci.
Approfittando del fatto che l’amico si fosse allontanato per rispondere, Paolo decise di iniziare da solo: si tolse repentinamente i pantaloni e, con il solito sorriso sornione, mi ordinò “Inginocchiati sul divano che inizio ad incularti!”. Vista la perentorietà della richiesta, piacevolmente meravigliata, mi sbrigai a sfilarmi la gonna e le mutandine.
Mi lubrificai il culo e poi ci appoggiai la sua cappella. Evidentemente era già infoiato perché me lo spinse nel culo senza tanti complimenti. Ricordo che, quando Mauri rientrò nella sala e ci sorprese a scopare, guardò Paolo come se l’avesse pizzicato a scopargli la moglie! Bofonchiò qualcosa e poi si spogliò completamente. Anch’io ne approfittai per togliermi la camicetta e mostrargli l’ultimo acquisto: una guepiere rossa in PVC coi laccetti che si abbinava perfettamente con i tacchi dello stesso colore e le calze a rete; trucco sfumato, capelli biondi e lunghissimi, bracciali e orecchini appariscenti completavano il look da zoccola.
“Sembri uscita da un bordello!”: evidentemente Maurizio gradì molto l’abbigliamento fetish. E con questo commento si avvicinò; ormai il gioco era rodato: dovevo solo tenere le gambe larghe ed aprire la bocca, il resto lo facevano da soli. Infatti, trovando il culo già occupato, Mauri prese subito a fottermi la gola, con tanta foga da quasi soffocarmi.
Così, la serata proseguì. Paolo, più in difficoltà, lasciò sovente il passo a Mauri che, grazie al viagra, si permise delle cavalcate così lunghe da rendermi il culo quasi insensibile.
Per fortuna, la partita in TV era un valido motivo per distrarsi di tanto in tanto. Tra un’azione e l’altra, Maurizio incitava la sua squadra urlando “Dai, dai!” e, intanto, me lo spingeva nel culo. Che ridere!
Ricordo che ad un certo punto la loro squadra del cuore segnò: Paolo, in piena esaltazione sportiva iniziò a saltare; il suo uccello duro balzellava e io lo trovavo così eccitante! Poi, per festeggiare, si mise a pecora davanti a me – che in quel momento stavo subendo l’ennesima monta di Maurizio – e mi fece segno un segno inequivocabile: gli appoggiai una mano sulle chiappe e cominciai a leccargli il buco del culo con tutto il desiderio che avevo. Con l’altra iniziai a mungergli il cazzo. Ogni tanto smettevo di limonargli l’ano per succhiargli la cappella. Nonostante si ostinasse a seguire la partita, riuscivo a farlo godere; lo confermavano le oscenità che mi rivolgeva, quasi digrignando i denti.
Avevamo superato la mezzanotte e ormai la partita era terminata. Ci spostammo nell’ex ufficio del padre che, ormai, era in disuso.
I due erano indubbiamente arrapatissimi. Io, cosciente che la serata si sarebbe conclusa presto, consigliai i ragazzi di dare sfogo alle loro voglie.
Maurizio si sedette sulla poltrona; mi sfilai i sandali per poter salire coi piedi sui braccioli, poi mi impalai sul suo cazzo duro assicurandomi che fosse entrato fino all’ultimo centimetro; in quella posizione gli davo la schiena, ma riuscivo a specchiarmi nel vetro di un armadietto dei dossier. Dissi chiaramente che mi eccitava vedermi in quella posa oscena e Paolo mosse l’antina in modo da agevolarmi.
Ben piantata sul cazzo, iniziai a masturbarmi; non lo facevo mai per evitare di sottolineare la mia maschilità, ma quella sera non c’erano limiti.
Paolo rimase seduto sull’altro lato della sala. Lo provocavo guardandolo negli occhi e mordendomi le labbra. Ogni tanto mi sfilavo dal cazzo per mostrargli oscenamente il buco, chiedendogli maliziosamente se, secondo lui, fosse diventato abbastanza largo; ma non gli bastava mai.
Ad un certo punto, forse allettato dalla sfida, prese una bottiglia dal davanzale e, dopo avergli tolto il tappo ed averla svuotata della poca acqua rimasta, me la cacciò dentro; Maurizio, tenendomi le gambe large da dietro, ripeteva ossessivamente “Ti piace prendere la bottiglia puttana? Ora ti sfondiamo!”.
Così, mi fecero mettere nuovamente a pecora e Maurizio, dopo essersele unte con un po’ di lubrificante, mi introdusse due dita nel culo. “La vuoi fistare?” disse Paolo ingenuamente. Domanda retorica perché, poco dopo, la sua mano mi stava già lentamente penetrando; insinuate quattro dita iniziò lentamente a massaggiarmi; poi finì il lavoro introducendo anche il pollice e spingendo gradualmente. Il mio buco era già così dilatato che non fece nessuna fatica a far entrare la mano quasi fino al polso.
Poi lentamente la sfilò.
“Ancora” dissi. Con calma la riaffondò e la levò di nuovo.
Paolo, che aveva osservato in silenzio la azione, allargandomi le chiappe commentò “Mi sa che questa volta te lo abbiamo rotto”.
Io, ancora in preda agli spasmi, lo implorai “non importa, lo voglio ancora…”.
“Allargaglielo bene…”. Maurizio si sedette sulla poltrona e si tolse un calzino. Si passò un po’ di lubrificante e poi mi appoggio la punta del piede.
Introdurlo fu più complicato e faticoso che per la mano, ma con l’aiuto di Paolo e di tanto lubrificante, pochi minuti dopo era dentro quasi fino al tallone.
Maurizio era in sollucchero; continuava, assillante, a ripetere che aveva sognato tanto di farlo. Io non smettevo di urlare dal piacere e dal dolore. Lui continua inesorabilmente a spingere, ma ormai quello che poteva entrare era già dentro.
A quel punto dissi “Ora ci vorrebbero due cazzi”. Non so come mi venne quella frase, ma sicuramente fu spontanea.
Paolo rimase un po’ interdetto; “Non so…” rispose.
“Perché?” incalzai, con aria falsamente ingenua.
“Mi dà un po’ fastidio toccare il suo… pistolino. E poi non ti fa male?”
“Guarda che sono sano!” rispose, ridendo, Maurizio.
“Mi avete appena messo un piede nel culo, credi che due cazzi non mi entrino? Dai ti prego… proviamo”.
Evidentemente ero anch’io infoiata da morire: non potevo perdere l’occasione.
Così un può titubante si avvicino; piegò leggermente le gambe per abbassarsi all’altezza giusta; io chiusi gli occhi; Maurizio, con una mano, mi scostò le palle; lo sentii appoggiarsi e dopo un paio di tentativi la cappella entrò; subito lo spinse dentro lasciandomi senza fiato; tenendomi strette le caviglie iniziò a scopare sussurrandomi, a labbra strette, “Stai godendo troia?”; io, a sentire quelle parole, ebbi subito un leggero orgasmo e qualche goccia di sperma mi colò sul ventre.
“Dio, siete due maiali, mi state facendo godere come una troia!!”
Purtroppo, la posizione era troppo scomoda e Paolo, quasi subito, si tolse.
Io, ancora in estasi, lo incitai con un capriccioso “Dai, scopatemi ancora!”.
Paolo ci riprovò; la sua cappella entrò nuovamente; diede un paio di colpi e poi lo sfilò ancora.
“È troppo scomodo… e poi così fra poco sborro”.
“Dovevi prendere il viagra!” rise Maurizio.
“Dai, andiamo a scoparla sul divano” proseguì.
Saltellando sui tacchi a spillo li seguii fino in sala; avevo il culo così aperto che sculettavo senza volerlo.
Forse per la fretta di riprendere, non accendemmo la luce. La
TV, ancora accesa, creava una penombra. Paolo si sdraiò e con una mano tenne il cazzo dritto; io, dandogli la schiena, me lo infilai assicurandomi che fosse entrato tutto e poi mi distesi le spalle su di lui. Maurizio, prendendomi per le caviglie mi sollevò e allargò le gambe; quindi appoggiò il cazzo che entrò di schianto, producendomi un leggero dolore; poi iniziò a pomparmi. Evidentemente quella posizione era più pratica perché anche Paolo, da sotto, cominciò a muoversi.
Io cominciai di nuovo a godere come una pazza, addirittura più di prima. Sentivo il culo dilatarsi a dismisura e le loro verghe muoversi senza fatica nel mio intestino.
Maurizio, forse un po’ affaticato, si appoggio a me, di fatto schiacciandomi a sandwich tra lui e Paolo; sentivo i loro corpi sudati strusciarsi su di me; appoggiai una mano sulla schiena e una sul culo di Mauri come per tirarlo verso di me; ero in estasi: stavo a gambe larghe e li sentivo ansimare; le loro mani mi accarezzavano, mi palpavano le cosce. Maurizio spostandosi avanti e indietro iniziò a fregare con la pancia sul mio cazzo, facendomelo indurire. E se ne accorse perché ad un certo punto me lo accarezzò.
“Questa sera ce la stiamo sbattendo alla grande!” disse.
Mi piaceva molto quando si rivolgevano a me in terza persona; mi faceva sentire il loro oggetto del piacere.
Scopammo così per un po’ ed io, come drogata da tutto quel piacere, cominciai a perdermi; mi rilassai; li sentivo ansimare; sentivo il loro odore; guardavo attraverso la finestra le luci delle case di fronte e pensavo a quanto ero zoccola.
Tornai alla realtà quando Paolo, improvvisamente, dichiarò “Il culo di questa troia mi fa godere come un porco, io sto per sborrare”.
“Anche io” aggiunse Mauri sollevandosi da sopra di me.
Poi mi prese il cazzo e, dopo aver ripreso a scoparmi forte, iniziò a masturbarmi; Paolo, stimolato dai movimenti del cazzo di Maurizio, non resse e svuotò le palle nel mio culo quasi subito; io lo seguii pochi secondi dopo schizzando dappertutto. Anche Maurizio non tardò ad infarcirmi di sborra.
Era passata l’una di notte e mi ritrovai a camminare sullo stesso marciapiede che poche ore prima avevo percorso per raggiungere i ragazzi. I fari delle rare macchine di passaggio mi alluminavano le gambe; notai, con un certo fastidio, che una calza era macchiata dallo sperma; forse era sborra dei ragazzi, o, forse, era quella che mi colava ancora dal culo.
Ero contentissima. Non potevo sperare in meglio, pensai: avevo iniziato tanti mesi prima masturbandomi assieme a loro e ora concludevo l’avventura da zoccola, col culo violentato da entrambi e piena di sborra calda!
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Purtroppo, dopo un periodo di scopate sfrenate, arrivò il nuovo trasferimento di Maurizio. Diversi mesi prima, suo padre aveva chiuso l’attività e si era trasferito e ora toccava a lui.
Così, per chiudere in bellezza, organizzammo un ultimo incontro.
Quando arrivai, credo fosse poco dopo cena. Come sempre, scesa dall’auto, feci l’ultimo tratto attraversando il parcheggio e percorrendo poco meno di 500 metri di marciapiede. Ormai ero abituata a muovermi en femme e non mi facevo più troppi pensieri; negli ultimi mesi, incrociando altre persone lungo la strada, avevo capito che il mio abbigliamento poteva procurarmi, nel peggiore dei casi, qualche commento sboccato o, più semplicemente, uno sguardo di biasimo. Sicuramente quella sera, le calze a rete, i sandali sexy coi tacchi a spillo, la gonna rossa e la camicetta semi-trasparente avrebbero dato ai passanti un’occasione d’oro per giudicare la mia troiaggine. Ma non successe e, se fosse successo, me ne sarei solo compiaciuta.
Saltellai sugli ultimi gradini tra il marciapiede e il vialetto che portava all’ingresso.
Nel frattempo i ragazzi mi stavano già aspettando.
Quando entrai stavano guardando una partita di calcio in TV. Notai subito uno strano risolino di Paolo. Di fronte alla mia perplessità, non se lo fece dire due volte e, sghignazzando, spifferò che Mauri aveva assunto del viagra.
Lo guardai un po’ stupita: mi sembrava strano che ne avesse fatto uso visto che non avevo mai osservato problemi di erezione; anzi, il suo cazzo era stato sempre piuttosto vispo.
Ad ogni modo, la patta gonfia si notava, eccome. Così, incuriosita, gli feci segno e lui tirò fuori l’arnese dai pantaloni. Poi, un po’ imbarazzato, cominciò a spiegare che l’aveva fatto per perdere un po’ di sensibilità così da poter durare di più (e sapevamo tutti che la durata era il suo tallone d’Achille); quindi, nel primo pomeriggio si era fatto una sega e, prima di presentarsi all’appuntamento, aveva preso la pastiglietta. Mentre ascoltavo il suo discorso, mi accomodai di fianco a lui e iniziai a palparglielo; glielo accarezzai e gli toccai la cappella con l’interesse che si riserva ad un fenomeno eccezionale. Sicuramente era molto duro.
Sebbene il movimento della la mia mano lo distraesse, continuò a spiegare: durando di più, avrebbe potuto farmi godere ad oltranza, così da ripagarmi di tutte le scopate che gli avevo concesso. “Che dolce!” pensai.
Purtroppo, arrivò una telefonata ad interromperci.
Approfittando del fatto che l’amico si fosse allontanato per rispondere, Paolo decise di iniziare da solo: si tolse repentinamente i pantaloni e, con il solito sorriso sornione, mi ordinò “Inginocchiati sul divano che inizio ad incularti!”. Vista la perentorietà della richiesta, piacevolmente meravigliata, mi sbrigai a sfilarmi la gonna e le mutandine.
Mi lubrificai il culo e poi ci appoggiai la sua cappella. Evidentemente era già infoiato perché me lo spinse nel culo senza tanti complimenti. Ricordo che, quando Mauri rientrò nella sala e ci sorprese a scopare, guardò Paolo come se l’avesse pizzicato a scopargli la moglie! Bofonchiò qualcosa e poi si spogliò completamente. Anch’io ne approfittai per togliermi la camicetta e mostrargli l’ultimo acquisto: una guepiere rossa in PVC coi laccetti che si abbinava perfettamente con i tacchi dello stesso colore e le calze a rete; trucco sfumato, capelli biondi e lunghissimi, bracciali e orecchini appariscenti completavano il look da zoccola.
“Sembri uscita da un bordello!”: evidentemente Maurizio gradì molto l’abbigliamento fetish. E con questo commento si avvicinò; ormai il gioco era rodato: dovevo solo tenere le gambe larghe ed aprire la bocca, il resto lo facevano da soli. Infatti, trovando il culo già occupato, Mauri prese subito a fottermi la gola, con tanta foga da quasi soffocarmi.
Così, la serata proseguì. Paolo, più in difficoltà, lasciò sovente il passo a Mauri che, grazie al viagra, si permise delle cavalcate così lunghe da rendermi il culo quasi insensibile.
Per fortuna, la partita in TV era un valido motivo per distrarsi di tanto in tanto. Tra un’azione e l’altra, Maurizio incitava la sua squadra urlando “Dai, dai!” e, intanto, me lo spingeva nel culo. Che ridere!
Ricordo che ad un certo punto la loro squadra del cuore segnò: Paolo, in piena esaltazione sportiva iniziò a saltare; il suo uccello duro balzellava e io lo trovavo così eccitante! Poi, per festeggiare, si mise a pecora davanti a me – che in quel momento stavo subendo l’ennesima monta di Maurizio – e mi fece segno un segno inequivocabile: gli appoggiai una mano sulle chiappe e cominciai a leccargli il buco del culo con tutto il desiderio che avevo. Con l’altra iniziai a mungergli il cazzo. Ogni tanto smettevo di limonargli l’ano per succhiargli la cappella. Nonostante si ostinasse a seguire la partita, riuscivo a farlo godere; lo confermavano le oscenità che mi rivolgeva, quasi digrignando i denti.
Avevamo superato la mezzanotte e ormai la partita era terminata. Ci spostammo nell’ex ufficio del padre che, ormai, era in disuso.
I due erano indubbiamente arrapatissimi. Io, cosciente che la serata si sarebbe conclusa presto, consigliai i ragazzi di dare sfogo alle loro voglie.
Maurizio si sedette sulla poltrona; mi sfilai i sandali per poter salire coi piedi sui braccioli, poi mi impalai sul suo cazzo duro assicurandomi che fosse entrato fino all’ultimo centimetro; in quella posizione gli davo la schiena, ma riuscivo a specchiarmi nel vetro di un armadietto dei dossier. Dissi chiaramente che mi eccitava vedermi in quella posa oscena e Paolo mosse l’antina in modo da agevolarmi.
Ben piantata sul cazzo, iniziai a masturbarmi; non lo facevo mai per evitare di sottolineare la mia maschilità, ma quella sera non c’erano limiti.
Paolo rimase seduto sull’altro lato della sala. Lo provocavo guardandolo negli occhi e mordendomi le labbra. Ogni tanto mi sfilavo dal cazzo per mostrargli oscenamente il buco, chiedendogli maliziosamente se, secondo lui, fosse diventato abbastanza largo; ma non gli bastava mai.
Ad un certo punto, forse allettato dalla sfida, prese una bottiglia dal davanzale e, dopo avergli tolto il tappo ed averla svuotata della poca acqua rimasta, me la cacciò dentro; Maurizio, tenendomi le gambe large da dietro, ripeteva ossessivamente “Ti piace prendere la bottiglia puttana? Ora ti sfondiamo!”.
Così, mi fecero mettere nuovamente a pecora e Maurizio, dopo essersele unte con un po’ di lubrificante, mi introdusse due dita nel culo. “La vuoi fistare?” disse Paolo ingenuamente. Domanda retorica perché, poco dopo, la sua mano mi stava già lentamente penetrando; insinuate quattro dita iniziò lentamente a massaggiarmi; poi finì il lavoro introducendo anche il pollice e spingendo gradualmente. Il mio buco era già così dilatato che non fece nessuna fatica a far entrare la mano quasi fino al polso.
Poi lentamente la sfilò.
“Ancora” dissi. Con calma la riaffondò e la levò di nuovo.
Paolo, che aveva osservato in silenzio la azione, allargandomi le chiappe commentò “Mi sa che questa volta te lo abbiamo rotto”.
Io, ancora in preda agli spasmi, lo implorai “non importa, lo voglio ancora…”.
“Allargaglielo bene…”. Maurizio si sedette sulla poltrona e si tolse un calzino. Si passò un po’ di lubrificante e poi mi appoggio la punta del piede.
Introdurlo fu più complicato e faticoso che per la mano, ma con l’aiuto di Paolo e di tanto lubrificante, pochi minuti dopo era dentro quasi fino al tallone.
Maurizio era in sollucchero; continuava, assillante, a ripetere che aveva sognato tanto di farlo. Io non smettevo di urlare dal piacere e dal dolore. Lui continua inesorabilmente a spingere, ma ormai quello che poteva entrare era già dentro.
A quel punto dissi “Ora ci vorrebbero due cazzi”. Non so come mi venne quella frase, ma sicuramente fu spontanea.
Paolo rimase un po’ interdetto; “Non so…” rispose.
“Perché?” incalzai, con aria falsamente ingenua.
“Mi dà un po’ fastidio toccare il suo… pistolino. E poi non ti fa male?”
“Guarda che sono sano!” rispose, ridendo, Maurizio.
“Mi avete appena messo un piede nel culo, credi che due cazzi non mi entrino? Dai ti prego… proviamo”.
Evidentemente ero anch’io infoiata da morire: non potevo perdere l’occasione.
Così un può titubante si avvicino; piegò leggermente le gambe per abbassarsi all’altezza giusta; io chiusi gli occhi; Maurizio, con una mano, mi scostò le palle; lo sentii appoggiarsi e dopo un paio di tentativi la cappella entrò; subito lo spinse dentro lasciandomi senza fiato; tenendomi strette le caviglie iniziò a scopare sussurrandomi, a labbra strette, “Stai godendo troia?”; io, a sentire quelle parole, ebbi subito un leggero orgasmo e qualche goccia di sperma mi colò sul ventre.
“Dio, siete due maiali, mi state facendo godere come una troia!!”
Purtroppo, la posizione era troppo scomoda e Paolo, quasi subito, si tolse.
Io, ancora in estasi, lo incitai con un capriccioso “Dai, scopatemi ancora!”.
Paolo ci riprovò; la sua cappella entrò nuovamente; diede un paio di colpi e poi lo sfilò ancora.
“È troppo scomodo… e poi così fra poco sborro”.
“Dovevi prendere il viagra!” rise Maurizio.
“Dai, andiamo a scoparla sul divano” proseguì.
Saltellando sui tacchi a spillo li seguii fino in sala; avevo il culo così aperto che sculettavo senza volerlo.
Forse per la fretta di riprendere, non accendemmo la luce. La
TV, ancora accesa, creava una penombra. Paolo si sdraiò e con una mano tenne il cazzo dritto; io, dandogli la schiena, me lo infilai assicurandomi che fosse entrato tutto e poi mi distesi le spalle su di lui. Maurizio, prendendomi per le caviglie mi sollevò e allargò le gambe; quindi appoggiò il cazzo che entrò di schianto, producendomi un leggero dolore; poi iniziò a pomparmi. Evidentemente quella posizione era più pratica perché anche Paolo, da sotto, cominciò a muoversi.
Io cominciai di nuovo a godere come una pazza, addirittura più di prima. Sentivo il culo dilatarsi a dismisura e le loro verghe muoversi senza fatica nel mio intestino.
Maurizio, forse un po’ affaticato, si appoggio a me, di fatto schiacciandomi a sandwich tra lui e Paolo; sentivo i loro corpi sudati strusciarsi su di me; appoggiai una mano sulla schiena e una sul culo di Mauri come per tirarlo verso di me; ero in estasi: stavo a gambe larghe e li sentivo ansimare; le loro mani mi accarezzavano, mi palpavano le cosce. Maurizio spostandosi avanti e indietro iniziò a fregare con la pancia sul mio cazzo, facendomelo indurire. E se ne accorse perché ad un certo punto me lo accarezzò.
“Questa sera ce la stiamo sbattendo alla grande!” disse.
Mi piaceva molto quando si rivolgevano a me in terza persona; mi faceva sentire il loro oggetto del piacere.
Scopammo così per un po’ ed io, come drogata da tutto quel piacere, cominciai a perdermi; mi rilassai; li sentivo ansimare; sentivo il loro odore; guardavo attraverso la finestra le luci delle case di fronte e pensavo a quanto ero zoccola.
Tornai alla realtà quando Paolo, improvvisamente, dichiarò “Il culo di questa troia mi fa godere come un porco, io sto per sborrare”.
“Anche io” aggiunse Mauri sollevandosi da sopra di me.
Poi mi prese il cazzo e, dopo aver ripreso a scoparmi forte, iniziò a masturbarmi; Paolo, stimolato dai movimenti del cazzo di Maurizio, non resse e svuotò le palle nel mio culo quasi subito; io lo seguii pochi secondi dopo schizzando dappertutto. Anche Maurizio non tardò ad infarcirmi di sborra.
Era passata l’una di notte e mi ritrovai a camminare sullo stesso marciapiede che poche ore prima avevo percorso per raggiungere i ragazzi. I fari delle rare macchine di passaggio mi alluminavano le gambe; notai, con un certo fastidio, che una calza era macchiata dallo sperma; forse era sborra dei ragazzi, o, forse, era quella che mi colava ancora dal culo.
Ero contentissima. Non potevo sperare in meglio, pensai: avevo iniziato tanti mesi prima masturbandomi assieme a loro e ora concludevo l’avventura da zoccola, col culo violentato da entrambi e piena di sborra calda!
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6 years ago
mmmmmm